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21 Luglio 2016 | Approfondimenti tecnici

L’apprendistato degli “over 29”: le opportunità e le precisazioni del ministero del lavoro

Finalmente, dopo un silenzio durato circa 11 mesi (la norma di riferimento e’ entrata in vigore il 25 giugno 2015), il Ministero del Lavoro, attraverso l’interpello n. 19 del 20 maggio 2016, ha fornito, “di rimbalzo”, alcune indicazioni relative alla tipologia contrattuale dell’apprendistato professionalizzante senza limiti di età, prevista dall’art. 47, comma 4, del decreto legislativo n. 81/2015. Tale norma ha avuto poco spazio nei commenti degli “addetti ai lavori” e, finora, non ha portato ad alcuna delucidazione operativa da parte dell’INPS.
La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva, ha risposto ad un quesito posto dall’Associazione Nazionale delle Agenzie per il Lavoro, escludendo ogni equiparazione alla titolarità del trattamento di disoccupazione, richiesto dalla disposizione, sia per l’assegno (art. 23 del decreto legislativo n.150/2015) che per il contratto di ricollocazione (fatta salva l’ipotesi della fruizione di una indennità di sostegno, in contemporanea) e sottolineando come con tale espressione si intendano la NASPI (che è il trattamento in essere per i lavoratori subordinati che hanno perso, involontariamente, il posto di lavoro), la DIS-COLL (misura di sostegno del reddito disposta in favore dei collaboratori) e l’ASDI (assegno di disoccupazione previsto per talune categorie di lavoratori che hanno già fruito “in toto” della NASPI).
Il Dicastero del Lavoro non ha fatto riferimento alla indennità di disoccupazione in favore degli operai agricoli a tempo determinato od indeterminato che percepiscono il trattamento sulla base di norme specifiche che traggono origine da disposizioni diverse rispetto a quelle sopra richiamate che sono inserite nel decreto legislativo n. 22/2015.
L’interpello appena citato offre lo spunto per una breve riflessione sull’apprendistato degli “over 29” che, nella formulazione dell’art. 47, comma 4, e’ stato “agganciato” a quello dei lavoratori in mobilità il quale, già previsto all’interno del decreto legislativo n. 167/2011, ha avuto poca fortuna in questi anni, soprattutto per il fatto che tale categoria aveva (ed ancora ha) agevolazioni ben specifiche, in caso di assunzione, disciplinate dagli articoli 8 e 25 della legge n. 223/1991.
Ma perché, nell’attuale quadro normativo, un datore di lavoro potrebbe avere convenienza ad assumere un lavoratore con tale tipologia, senza limiti di età?
La risposta appare evidente: innanzitutto, l’assunzione può avvenire per una qualificazione o riqualificazione professionale, partendo, ovviamente, dal presupposto che è una ” conditio sine qua non” , della titolarità di un trattamento di disoccupazione. Ciò significa che il piano formativo, redatto sulla base delle indicazioni fornite dal CCNL, deve tendere o ad una maggiore qualificazione rispetto a quella già posseduta o ad una nuova qualificazione che prescinde da quella in possesso. Tutto questo è possibile anche alla luce del fatto che l’art. 44 del decreto legislativo n. 81/2015, riprendendo un concetto, a suo tempo espresso nell’art. 49 del decreto legislativo n. 276/2003 (da tempo abrogato), non parla più di “ottenimento di una qualifica”, ma di “qualificazione”.

Sotto l’aspetto contributivo i vantaggi per il datore di lavoro sono notevoli e, ad avviso di chi scrive, ben superiori all’esonero contributivo biennale previsto dall’art. 1, comma 178, della legge n. 208/2015, pur se sommabile con il 20% dell’indennità di NASPI non ancora percepita (art. 23 del decreto legislativo n. 150/2015).

Infatti, la contribuzione, in via ordinaria, sulla quota a carico del datore e’ pari al 10% (11,61% con la maggiorazione prevista dalla legge n 92/2012) per le imprese con un organico superiore alle 9 unità, mentre è pari a zero ( fino al 31 dicembre 2016 ed alle condizioni individuate dall’INPS con la circolare n. 128/2012 e fatto salvo l’1,61% della legge n. 92) per le aziende che occupano un numero inferiore di dipendenti (per queste, la contribuzione ordinaria e’ pari, rispettivamente, all’1,5% ed al 3% per il primo ed il secondo anno).

Da un punto di vista salariale vale anche per tali soggetti la possibilità del sotto inquadramento durante il periodo formativo fino ad un massimo di due livelli rispetto a quello finale, sostituibile, se prevista dalla contrattazione collettiva, da una retribuzione in percentuale rispetto a quella dovuta per la qualifica finale che aumenta, progressivamente, con l’anzianità di servizio.

L’apprendistato, come ben si sa, è un contratto a tempo indeterminato con contenuto formativo e quindi, come tale, il datore di lavoro beneficia della previsione contenuta nella legge n. 190/2014 in base alla quale il costo del personale e’ deducibile dalla base IRAP.

Un ulteriore vantaggio deriva da fatto che anche tali lavoratori vengono esclusi dalla base di calcolo per l’applicazione delle disposizioni ove i contratti collettivi e la legge richiedano limiti numerici.

Il pensiero corre, innanzitutto, alla legge n. 68/1999, ove, per effetto di una delle novità introdotte dal decreto legislativo n. 151/2015, dal 1 gennaio 2017 i datori di lavoro con un organico di 15 dipendenti dovranno assumere, entro i 60 giorni successivi al momento in cui scatterà l’obbligo, con richiesta nominativa, un disabile, non potendo più fruire della disposizione, tuttora vigente, che posticipa l’obbligo a quando si verificherà una nuova assunzione. Ebbene, in tale ipotesi, se un piccolo imprenditore arriverà alla soglia fatidica delle 15 unità con un apprendista assunto senza limite di età, potrà beneficiare del rinvio fino a quando durerà la “fase formativa”. Qui il paragone risulta particolarmente significativo se lo si correla con una normale assunzione a tempo indeterminato (magari, incentivata con l’esonero biennale): in quest’ultimo caso, il lavoratore entra subito, a tutti gli effetti, nel computo dell’organico aziendale.

C’è, poi, altro aspetto non secondario che è rappresentato dalla deroga rispetto alla previsione contenuta nell’art. 42, comma 4: per effetto della stessa, le parti possono recedere dal rapporto prima della scadenza del periodo formativo attivando l’art. 2118 c.c. con il preavviso sostituibile dalla relativa indennità contrattuale. Come si vede, una maggiore flessibilità rispetto al normale apprendistato appare evidente, essendo esclusa qualsiasi azione risarcitoria legata al mancato rispetto del periodo formativo. Durante il preavviso, se questo è lavorato, la retribuzione e la contribuzione restano quelle dell’apprendistato (art. 42, comma 4). È appena il caso di ricordare come, in caso di licenziamento illegittimo, trovino applicazione le disposizioni vigenti in materia (art. 42, comma 3), ossia, nello specifico, gli articoli 2 e 3 del decreto legislativo n. 23/2015.

Una ultima differenziazione, rispetto al normale apprendistato professionalizzante, e’ quella che si rinviene nell’art. 47, comma 7: i benefici di natura contributiva per dodici mesi, susseguenti al “consolidamento” del rapporto al termine del periodo formativo, non si applicano ai lavoratori assunti, senza limite di età, con contratto di apprendistato.

Dott. Eufranio Massi