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05 Maggio 2025 | Approfondimenti tecnici

Utilizzo dei fringe benefit nel rapporto di lavoro

Stretta di mano tra due persone in un concessionario con un'auto bianca sullo sfondo, simbolo di un accordo per l'uso promiscuo dell'auto.

Cambia (ancora) il panorama dei fringe benefit. Con l’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2025 (Legge n. 207/2024), le aziende italiane potranno continuare a offrire beni e servizi esentasse ai propri dipendenti, godendo di un regime fiscale di favore che incentiva il welfare aziendale e il potere d’acquisto.

Ma come sempre accade in materia di fisco e lavoro, dietro l’opportunità si nascondono anche regole precise e obblighi formali. Ecco cosa cambia, chi può beneficiarne e come muoversi per non commettere errori.

Oltre lo stipendio, i fringe benefit rappresentano una leva di engagement e fidelizzazione sempre più utilizzata dalle aziende. Si va dai buoni carburante ai rimborsi bollette, dai regali natalizi alla copertura delle spese per la casa. Tutto ciò, entro certi limiti, può essere erogato senza oneri fiscali né contributivi.

Un vantaggio non da poco, soprattutto in tempi di inflazione e instabilità economica.

Le soglie di esenzione: cosa prevede la nuova legge

Il limite ordinario previsto dal TUIR per l’esenzione dei fringe benefit è fissato a 258,23 euro annui. Tuttavia, la Legge di Bilancio 2025 ha introdotto importanti novità, valide fino al 2027:

  • 1.000 euro annui per tutti i lavoratori;
  • 2.000 euro annui per chi ha figli fiscalmente a carico.

Attenzione: si tratta di limiti massimi e non di franchigie. Ciò significa che superare anche di un solo euro questi importi annulla l’esenzione sull’intero ammontare, che verrà assoggettato a IRPEF e contributi INPS.

Tipologie di fringe benefit

L’erogazione dei fringe benefit è libera e volontaria da parte del datore di lavoro e potrà avvenire anche «ad personam», in base alla scelta del datore di lavoro.

Il valore massimo previsto (1.000 euro elevabile a 2.000 euro in caso di lavoratori con figli a carico) riguarda tutte le liberalità ricevute dal lavoratore durante l’intero periodo d’imposta (secondo il «principio di cassa allargato», entro il 12 gennaio dell’anno successivo al periodo d’imposta da considerare).

Le soglie (1.000 o 2.000 euro) rappresentano sempre un limite e non una franchigia, Ciò sta a significare che al superamento del massimale di legge si applica la tassazione e la contribuzione su tutto il valore erogato.

L’agevolazione si applica ai titolari di redditi di lavoro dipendente e ai titolari di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Quindi a tutti i lavoratori subordinati ed ai collaboratori coordinati e continuativi.

L’erogazione dei fringe benefit potrà avvenire in qualsiasi momento dell’anno anche senza un accordo sindacale ovvero un regolamento unilaterale aziendale.

Queste le principali liberalità che rientrano nel limite massimo di benefit erogabili:

  • buoni carburante,
  • buoni spesa,
  • omaggio natalizio,
  • auto aziendali ad uso promiscuo,
  • fabbricati in uso ai dipendenti,
  • prestiti personali ai dipendenti,
  • rimborso del pagamento delle utenze domestiche di luce, acqua e gas,
  • rimborso delle spese per l’affitto della prima casa,
  • rimborso delle spese per interessi sul mutuo relativo alla prima casa,
  • polizza assicurativa extra professionale.

Tra le liberalità presenti, sono previste anche forme non ordinariamente disciplinate dal TUIR. Detti fringe, introdotti solo dall’anno 2024 (con la legge di bilancio 2024) e prorogati dalla legge n. 207/2024, rappresentano una novità e sono erogabili sino all’anno 2027, sempre nei limiti annuali individuati dal legislatore.

Si tratta del:

  • rimborso del pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica, del gas naturale;
  • rimborso delle spese per l’affitto della prima casa;
  • rimborso delle spese per interessi sul mutuo relativo alla prima casa.

Per quanto riguarda il rimborso del pagamento delle utenze domestiche, queste devono fare riferimento ad immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio, a condizione che ne sostengano effettivamente la spesa.

Le bollette potrebbero riguardare anche rimborsi a utente domestiche riguardanti immobili diversi dall’abitazione adibita a «prima casa» ovvero riguardare anche utenze per uso domestico intestate al condominio.

Le altre due novità, presenti già dal 2024, sono rappresentate dalla possibilità di rimborsare le «spese per l’affitto della prima casa» e «gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa».

Questi i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 5/2024:

  • Per «prima casa» si deve intendere l’abitazione principale prevista per l’applicazione delle detrazioni, di cui agli articoli 15, comma 1, lettera b) (interessi passivi per mutui), e 16 (canoni di locazione) del

In particolare, deve riguardare esclusivamente immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, nei quali il dipendente e i suoi familiari dimorino abitualmente, a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese.

In tal caso, sono rimborsabili, nel limite dei 1.000 o 2.000 euro, sia le spese sostenute per un contratto di affitto sia quelle relative agli interessi sul mutuo, a condizione che l’immobile locato o su cui grava il mutuo costituisca l’abitazione principale del lavoratore.

  • Per quanto attiene alle «spese per l’affitto», si deve fare riferimento al canone risultante dal contratto di locazione regolarmente registrato e pagato nell’anno.

Va da sé che in relazione alle spese rimborsate dal datore di lavoro, il lavoratore non potrà beneficiare delle agevolazioni previste per le medesime spese, quali, ad esempio, la detrazione prevista per l’abitazione principale, degli interessi passivi per mutui o dei canoni di locazione, in quanto non sono state effettivamente sostenute a causa del rimborso da parte del datore di lavoro.

Al fine di rimborsare le spese sostenute dal lavoratore per il pagamento delle bollette ovvero per le spese di affitto della prima casa o per interessi sul mutuo relativo alla prima casa, il datore di lavoro deve previamente richiedere una documentazione attestante la spesa, che dovrà conservare per eventuali controlli.

In alternativa, può richiedere una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che attesti i presupposti per il rimborso della spesa. In ogni caso, al fine di evitare che si fruisca più volte del beneficio in relazione alle medesime spese, è necessario che il lavoratore, all’interno della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, attesti che la spesa non è già stata fatta oggetto di richiesta di rimborso, totale o parziale, non solo presso il medesimo datore di lavoro, ma anche presso altri soggetti.

Adempimenti: cosa serve per restare in regola

Per fruire dei fringe benefit senza incorrere in sanzioni o recuperi fiscali, è necessario rispettare una serie di adempimenti amministrativi.

Per il datore di lavoro:

  • Comunicare alla RSU, se presente, l’intenzione di erogare fringe benefit secondo la normativa vigente;
  • Raccogliere e conservare la documentazione giustificativa delle spese rimborsate;
  • In alternativa, acquisire una dichiarazione sostitutiva che autocertifichi il diritto al beneficio e che la spesa non sia già stata rimborsata da altri soggetti.

Per il lavoratore:

  • Dichiarare l’eventuale presenza di figli a carico (con codice fiscale);
  • Comunicare se ha già ricevuto fringe benefit da altri datori di lavoro nell’anno, indicando l’importo.

Tali accorgimenti sono essenziali per garantire trasparenza ed evitare il superamento involontario dei limiti previsti dalla legge.

Autore: Dott. Roberto Camera

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