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16 Marzo 2017 | Approfondimenti tecnici

I permessi per donazione del sangue

Il lavoratore dipendente che ceda gratuitamente il proprio sangue o emocomponenti ha diritto ad una giornata di riposo ed alla corresponsione della normale retribuzione ai sensi delle leggi 13 n. 584/1967 e n. 33/1980. La durata della giornata di riposo garantita è pari a 24 ore e decorre dal momento in cui il dipendente si è assentato per svolgere la donazione. Il diritto alla giornata di riposo ed alla relativa retribuzione spetta a tutti i lavoratori dipendenti senza riguardo alla categoria ed al settore di appartenenza. Appare opportuno segnalare che il donatore potrebbe non aver diritto ad alcuna retribuzione nella giornata di riposo, si pensi al caso della donazione effettuata in un sabato non lavorativo. L’onere dei rimborsi al datore di lavoro del settore privato per tali emolumenti è posto a carico dell’INPS.

Il rimborso è subordinato alle seguenti condizioni:

  • Limite quantitativo minimo della donazione. Per aver diritto alla giornata di riposto ed alla relativa retribuzione il quantitativo minimo che la donazione di sangue deve raggiungere è fissato in 250 grammi;
  • Centri autorizzati al prelievo. Il prelievo deve essere effettuato presso un Centro di raccolta fisso o mobile, un Centro trasfusionale, un Centro di produzione di emoderivati che abbia ottenuto l’autorizzazione e l’accreditamento secondo le modalità previste dalle regioni e dalle province autonome;
  •  Certificazione. Il certificato rilasciato dal medico che ha effettuato il prelievo del sangue, deve indicare il quantitativo di sangue prelevato, i dati anagrafici del donatore (rilevati da un valido documento di riconoscimento, gli estremi del quale devono essere annotati), la gratuità della donazione, il giorno e l’ora del prelievo, gli estremi dell’autorizzazione del centro di cui al punto precedente;
  • Dichiarazione del donatore. Il godimento della giornata di riposto e della relativa retribuzione, specificata nel suo ammontare, nonché la gratuità della cessazione del sangue, devono risultare da una dichiarazione rilasciata dal donatore secondo il fac-simile allegato alla circolare INPS n. 25/1981.

In caso di quantitativo minimo non raggiunto il lavoratore è giustificato per l’assenza dal posto di lavoro ma perde il diritto alla relativa retribuzione.
Al fine di rispettare i principi di buona fede e correttezza, il lavoratore è tenuto a preavvisare il datore di lavoro della propria assenza per donazione di sangue o emocomponenti. Alcuni CCNL disciplinano tale preavviso in modo esplicito, ma si ritiene che lo stesso debba essere dato in ogni caso.
Nel caso in cui ci si trovasse in un periodo di cassa integrazione guadagni, ordinaria o straordinaria, il permesso per la donazione di sangue o emocomponenti prevale sull’utilizzo della cassa integrazione. Il dipendente beneficerà, quindi, di una giornata di permesso retribuito.
L’art. 8, comma 2, della legge 21 ottobre 2005, n. 219 è intervenuto su un ulteriore casistica: quella relativa ai lavoratori dipendenti giudicati inidonei alla donazione di sangue. Per questi la norma garantisce la retribuzione ma limitatamente al tempo necessario all’accertamento della predetta inidoneità e alle relative procedure. Un decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze di concerto con il Ministero della salute avrebbe dovuto dettare le relative disposizioni attuative. Tale decreto è rimasto dimenticato dal legislatore per anni: infatti il decreto 18 novembre 2015 recante le modalità di erogazione del contributo in caso di inidoneità alla donazione, attuativo dell’articolo citato è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale solo il 7 marzo 2016.
Anche le disposizioni di prassi si sono fatte attendere e solo con la circolare n. 29 del 07 febbraio 2017 l’INPS ha fornito le istruzioni operative relative all’attuazione delle disposizioni in argomento.
Ad oggi, quindi, i lavoratori dipendenti del settore privato assenti dal posto di lavoro per l’effettuazione della donazione di sangue o di emocomponenti che siano giudicati inidonei alla donazione avranno diritto alla retribuzione che gli sarebbe stata corrisposta per le ore non lavorate comprese nell’intervallo di tempo necessario all’accertamento della predetta inidoneità. Ciò avverrà limitatamente a queste casistiche:
a) sospensione o esclusione del donatore per motivi sanitari, secondo i criteri di esclusione o sospensione dalla donazione, previsti dalla normativa vigente;
b) mancata decorrenza dei tempi di sospensione, previsti dalla normativa vigente, tra una donazione e la successiva;
c) rilevata esigenza di non procedere al prelievo per specifico emocomponente e/o gruppo sanguigno, in base alla programmazione dei bisogni trasfusionali.

Al fine del computo delle ore indennizzate l’INPS precisa che “l’intervallo di tempo deve essere calcolato con riferimento sia al tempo di permanenza presso il centro trasfusionale sia a quello di spostamento dallo stesso alla sede di servizio”. Per tali ore è riconosciuta la contribuzione figurativa.

Ai fini del diritto a tale rimborso, il lavoratore sarà tenuto a consegnare al datore di lavoro un certificato medico rilasciato dal medico responsabile del servizio trasfusionale, della relativa articolazione organizzativa o dell’Unità di raccolta, gestita dalle Associazioni e Federazioni di donatori di sangue che abbiano ottenuto l’autorizzazione e l’accreditamento secondo le modalità previste dalle regioni e dalle province autonome.

Il certificato dovrà riportare:

  • i dati anagrafici del lavoratore e gli estremi del documento di riconoscimento dal quale sono stati rilevati;
  • la mancata donazione, la motivazione, il giorno e l’ora di entrata e di uscita dal centro trasfusionale.

I datori di lavoro tenuti alla compilazione della denuncia UNIEMENS (o DMAG per il settore degli operai agricoli) porranno a conguaglio le somme erogate con i contributi dovuti utilizzando i codici appositi e dovranno conservare la documentazione ricevuta dal lavoratore per 10 anni.

Dott. Dimitri Cerioli