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05 Maggio 2016 | Approfondimenti tecnici

Il contratto a tutele crescenti

Il 7 marzo 2015 è entrato in vigore il D.Lgs. n. 23/2015, attuativo della legge delega n. 183/2014, che si è posta l’obiettivo di apportare importanti modifiche alla disciplina del rapporto di lavoro individuale.
Tale riforma ha introdotto, non una nuova tipologia contrattuale – come da alcuni ritenuto –, bensì solamente un diverso regime sanzionatorio dei licenziamenti illegittimi intimati nei confronti di taluni dipendenti assunti a tempo indeterminato.

Non sono, quindi, mutati i requisiti di legittimità richiesti dalla legge per il licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo ed oggettivo, ma le sole conseguenze sanzionatorie previste per i licenziamenti dichiarati illegittimi dal Giudice.

Più in particolare, la nuova disciplina si applica:
1) ai lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 con contratto a tempo indeterminato;
2) ai dipendenti assunti a tempo indeterminato prima del 7 marzo 2015, ma il cui datore di lavoro abbia superato la soglia dei quindici dipendenti dopo la data di entrata in vigore del decreto;
3) a coloro assunti con contratto a tempo determinato o con contratto di apprendistato che abbiano ottenuto contrattualmente o giudizialmente, dopo il 6 marzo 2015, la conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato.

Attualmente esistono, quindi, due diverse discipline sanzionatorie del licenziamento illegittimo, a seconda che il lavoratore sia stato assunto entro il 6 marzo 2015 o successivamente: nel primo caso si applicano le tutele previste dall’art. 18 L. n. 300/1970 (c.d. “Statuto dei lavoratori”), qualora l’impresa abbia alle sue dipendenze più di quindici lavoratori, o dalla L. n. 604/1966, qualora l’impresa abbia alle sue dipendenze fino a quindici lavoratori; nel secondo caso, invece, si applicano le tutele previste dal recente D.Lgs. n. 23/2015.
La riforma riconosce ai lavoratori illegittimamente licenziati un’indennità meramente economica, calcolata in relazione all’anzianità di servizio (a seconda dei casi, una o due mensilità per ogni anno di anzianità lavorativa, entro soglie minime e massime stabilite dalla legge in relazione al tipo di licenziamento, al vizio da cui esso è affetto ed al numero di dipendenti dell’azienda).
La nuova disciplina esclude, quindi, l’applicazione della tutela reintegratoria (c.d. “ tutela reale”) prevista dall’art. 18 L. n. 300/1970 e riduce al minimo la discrezionalità del Giudice nel quantificare l’indennità da riconoscere al lavoratore illegittimamente licenziato.
L’unico caso in cui è ancora possibile ottenere la tutela reale ai sensi dell’art. 18 L. n. 300/1970 è quello del licenziamento nullo (licenziamento comunicato oralmente, licenziamento della lavoratrice durante il periodo di gravidanza, licenziamento della lavoratrice madre di bambino inferiore ad un anno di età, licenziamento causato dalla domanda di congedo parentale o di congedo di paternità, licenziamento comunicato in concomitanza di matrimonio, licenziamento per motivo illecito determinante, licenziamento comunicato in violazione di una norma di legge) e discriminatorio, nonché in una sola fattispecie di licenziamento disciplinare non giustificato (per insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore).
In tutte le altre ipotesi, il lavoratore illegittimamente licenziato può esclusivamente ottenere un’indennità commisurata alla sua anzianità lavorativa. 

dott.ssa Roberta Amoruso
Studio Legale Associato Alessandro Cicolari