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12 Dicembre 2023 | Approfondimenti tecnici

Novità in materia di lavoro domestico

È stato recentemente pubblicato il quarto paper del Rapporto 2023 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico”, presentato il 22 settembre 2023 alla Camera dei Deputati da Assindatcolf (Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico) e redatto in partnership con Censis, Effe (European Federation for Family Employment & Home Care), Fondazione Studi Consulenti del Lavoro e Centro Studi e Ricerche Idos.

Dal report si evince come nel 2022 il comparto domestico abbia contribuito al 5,6% dell’occupazione nazionale, dando lavoro a 1.429.000 collaboratori, tra regolari ed irregolari.

La platea dei lavoratori domestici è senz’altro molto vasta, ricomprendendo non soltanto coloro che sono addetti alle ordinarie incombenze familiari, come camerieri, colf, badanti, baby-sitter, cuochi, ma anche autisti (quando la prestazione è al servizio esclusivo o prevalente della famiglia), nonché giardinieri, custodi e portieri di case private al servizio del nucleo familiare.

Tuttavia, l’aumento dell’inflazione ha determinato, nei primi sei mesi del 2023, un aumento medio del costo dei servizi di assistenza domestica pari ad euro 58 (+ 7,8%), passando così da euro 733 di gennaio 2023 ad euro 791 di luglio 2023), con inevitabili ripercussioni sui bilanci familiari.

Più nel dettaglio e solo per citare alcuni esempi, la retribuzione media delle colf è passata da euro 546 di gennaio 2023 ad euro 561 di luglio 2023, quella delle baby-sitter da euro 747 ad euro 859 e quella delle badanti da euro 1.146 ad euro 1.224.

Per tendere una mano alle famiglie italiane e combattere il lavoro irregolare, negli scorsi mesi era stato proposto un emendamento al Decreto Lavoro volto a riconoscere l’esonero contributivo del 100%, nel limite massimo di euro 3.000 annui, per 36 mesi, in caso di assunzioni e trasformazioni a tempo indeterminato di contratti di lavoro domestico con mansioni di assistente a persona non autosufficiente con più di 65 anni.

Tuttavia, tale emendamento, già approvato dalla Commissione Affari sociali del Senato, ha ricevuto parere negativo da parte della Commissione Bilancio ed è stato conseguentemente stralciato.

Il rapporto di lavoro domestico continua, infatti, ad essere soggetto ad una disciplina speciale definita da norme di legge completate, per taluni specifici aspetti, dalla contrattazione collettiva.

È, comunque, il CCNL di categoria a stabilire i minimi retributivi e l’adeguamento di anno in anno. Si segnala, al riguardo, il Verbale di accordo sui minimi retributivi 2023 nel lavoro domestico e la relativa Tabella, siglato il 16 gennaio 2023 presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dalla Commissione nazionale prevista dal CCNL Lavoro domestico.

Il CCNL di categoria si occupa, altresì, di disciplinare tutti gli aspetti riguardanti il vitto e l’alloggio, la tredicesima mensilità, l’orario di lavoro, il riposo settimanale, le festività, le ferie, il congedo matrimoniale, la malattia e l’infortunio, nonché il TFR.

I lavoratori domestici possono essere assunti con due differenti modalità: con libretto di famiglia o con contratto di lavoro scritto.

È possibile ricorre al libretto di famiglia solo in caso di lavoro domestico di tipo occasionale e solo laddove il datore di lavoro sia una persona fisica che non esercita attività professionale o d’impresa. Trattasi di un libretto nominativo prefinanziato (mediante F24 “modello Elide” con causale “LIFA” o mediante accesso al portale dei pagamenti INPS), composto da titoli di pagamento, il cui valore nominale è fissato in euro 10, pari al compenso di un’ora di lavoro.

In alternativa, è possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato, a tempo pieno o parziale oppure a ore. Tale ultima ipotesi è consentita solamente per esigenze familiari.

Nel contratto bisognerà specificare la data di inizio del rapporto di lavoro, la durata del periodo di prova, l’esistenza o meno della convivenza (totale o parziale), l’orario di lavoro, le mansioni assegnate, la retribuzione pattuita e ogni altro elemento richiesto dal CCNL di categoria.

L’assunzione dovrà essere comunicata all’INPS telematicamente, tramite Contact Center o attraverso associazioni e consulenti a ciò abilitati.

Con l’intento di rendere più agevole la gestione del rapporto di lavoro, l’INPS ha aggiornato l’App “INPS Mobile”, installabile su smartphone o tablet, implementando la sezione “Famiglia – Lavoro Domestico” e consentendo al datore di lavoro di comunicare in tal modo l’assunzione del lavoratore domestico, la cessazione del rapporto di lavoro e l’eventuale annullamento della stessa, la trasformazione e la proroga del rapporto di lavoro (vedasi messaggio INPS n. 3433 del 29 settembre 2023).

Quanto alla cessazione del rapporto, lo stesso può terminare, oltre che per risoluzione consensuale, per licenziamento da parte del datore di lavoro (senza necessità di una specifica giustificazione, c.d. “licenziamento ad nutum”) oppure per dimissioni rassegnate dal lavoratore.

In ogni caso, la parte che esercita il recesso è tenuta al rispetto del periodo di preavviso, salvo la sussistenza di giusta causa del recesso.

Il periodo di preavviso va da un minimo di 8 giorni ad un massimo di 60 giorni, a seconda dell’anzianità lavorativa, delle ore di lavoro settimanale prestato e della circostanza che il lavoratore usufruisca o meno di alloggio messo a disposizione del datore di lavoro.

In caso di cessazione del rapporto, il lavoratore domestico ha diritto alla NASpI. Al riguardo, si segnala il provvedimento del Tribunale di Lodi del 30 maggio 2023, che ha espressamente riconosciuto, nonostante l’originario rigetto dell’istanza da parte dell’INPS, il diritto alla NASpI in favore della lavoratrice addetta ai servizi domestici e familiari in caso di sue dimissioni durante il periodo di sospensione obbligatoria per maternità.

Per quanto riguarda l’andamento occupazionale, il rapporto 2023 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico” evidenzia come dal 2000 a 2022, secondo i dati forniti dall’Istat, l’occupazione in ambito domestico è aumentata del 30,5%. Trattasi indubbiamente di un forte segnale della rilevanza di questo settore sul versante occupazionale, che merita di essere maggiormente valorizzato e disciplinato.

Non bisogna, infatti, dimenticare che proprio nelle collaborazioni domestiche si concentra un’importante fetta dell’occupazione dipendente irregolare in Italia, pari al 35,6% del totale.

Basti pensare che, sempre secondo i dati forniti dal report presentato da Assindatcolf, se le attività di collaborazione domestiche fossero tutte regolari, il tasso di irregolarità del lavoro dipendente in Italia passerebbe dall’attuale 11,4% al 7,3%, con una contrazione di ben 4 punti percentuali.

Al fine di disincentivare il lavoro irregolare, è stato quindi approntato un articolato sistema sanzionatorio. Più precisamente, il datore di lavoro che abbia alle proprie dipendenze un lavoratore domestico non in regola può incorrere nelle seguenti sanzioni:

  1. la tardiva o mancata comunicazione all’INPS dell’instaurazione del rapporto espone il datore di lavoro al pagamento di una sanzione che può variare da un minimo di euro 200 ad un massimo di euro 500 per ogni lavoratore;
  2. la mancata iscrizione del lavoratore domestico all’INPS espone ad una sanzione compresa tra euro 1.500 ed euro 2.000 per ogni lavoratore, maggiorata di euro 150 per ogni giorno di lavoro effettuato “in nero”;
  3. il mancato versamento dei contributi è sanzionato con una sanzione al tasso del 30% su base annua, calcolato sull’importo dei contributi evasi, con un massimo del 60% e un minimo pari ad euro 3.000. Invece, nel caso in cui la posizione lavorativa venga regolarizzata ma i contributi vengano versati in ritardo si applicano le sanzioni pecuniarie previste dall’INPS, secondo il tasso vigente alla data di pagamento e sino ad un massimo pari al 40% sull’importo dovuto nel trimestre o sulla cifra residua da pagare. Il pagamento è considerato in ritardo e così sanzionato soltanto se avviene spontaneamente entro 12 mesi dal termine stabilito per il pagamento;
  4. l’assunzione di lavoratore sprovvisto di permesso di soggiorno è fattispecie di reato punibile penalmente con l’arresto da 3 mesi a 1 anno e l’ammenda di euro 5.000 per ogni collaboratore domestico;
  5. nel caso in cui i lavoratori domestici, il cui rapporto di lavoro è stato regolarmente formalizzato, vengano impiegati dalla famiglia in attività d’impresa o professionale, si può incorrere in una maxi-sanzione così quantificata:
  • in caso di attività irregolare fino a 30 giorni: sanzione da un minimo euro 1.800 a un massimo di euro 10.800;
  • in caso di attività irregolare tra 31 e 60 giorni: sanzione da un minimo di euro 3.600 ad un massimo di euro 21.600;
  • in caso di lavoro irregolare per oltre 60 giorni: sanzione da un minimo di euro 7.200 ad un massimo di euro 43.200.

Tali importi sono aumentati del 20% nel caso in cui siano impiegati lavoratori stranieri ai sensi dell’art. 22, comma 12, del D.Lgs. n. 286/1998, minori che non abbiano raggiunto l’età lavorativa e percettori del reddito di cittadinanza.

In aggiunta a quanto sopra, il lavoratore irregolare ha diritto a farsi corrispondere dal datore di lavoro importi a titolo di differenze retributive, contributi previdenziali e assistenziali, TFR, liquidazione di ferie non fruite e ratei di tredicesima mensilità, indennità di preavviso in caso di cessazione del rapporto di lavoro.

Autore: Avv. Roberta Amoruso